In tal senso, apprezzo molto di più l'animazione giapponse, decisamente più matura e all'avanguardia (Miyazaki è inarrivabile), oppure alcune produzioni occidentali di nicchia (e infatti poco conosciute), come I figli della pioggia (che poi Avatar ha ripreso in parecchi punti), Azur e Asmar, Kirikù e la strega Karabà.
Il film di animazione di oggi, pure, mi ha colpito in positivo: parlo di Happy feet.
Difatti, dietro le numerose gag visive, gli accenti esotici e le canzoni (talmente tante che in effetti è quasi un musical), sta un profondo significato di critica sociale, posto che il film tratta tematiche come il razzismo e la diversità, l'apertura mentale e i condizionamenti religiosi e culturali.
Anzi, se devo essere onesto mi ha ricordato il celebre libro di crescita personale Il gabbiano Jonathan Livingston... ma con i pinguini al posto dei gabbiani.
Il protagonista del film è il pinguino imperiale Mambo, il quale a differenza degli altri pinguini è dotato non per il canto, ma per il ballo, cosa che scatenerà tutta una serie di eventi che porteranno a una grande rivoluzione culturale di tutto il suo gruppo.
Tecnicamente il film è molto ben fatto, godibile tanto nell'estetica quanto nella parte acustica; e, come detto, il suo significato metaforico ne arricchisce ulteriormente il valore.
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